La scristianizzazione

La ricercatrice Mona Ozouf ci dà conto, all’interno del volume conosciuto come “Dizionario critico della Rivoluzione francese”, in cui collabora con Furet, del fenomeno relativo alla scristianizzazione che venne operata all’interno del contesto rivoluzionario.

L’élite rivoluzionaria, pur rimanendo diffidente nei confronti del Cattolicesimo e del clero, aveva mantenuto il convincimento che il popolo non potesse fare a meno del sentimento religioso ed anche delle manifestazioni pubbliche e solenni del rito. Venne così via via precisandosi l’esigenza d’un culto rivoluzionario, alternativo a quello tradizionale. Nacquero dunque le feste civiche, le cerimonie commemorative laiche, mise radici il culto dei ‘martiri della libertà’. L’adozione del calendario repubblicano, in sostituzione di quello cattolico, fu ispirata dal proposito di scristianizzare la vita quotidiana dei Francesi con la soppressione delle feste religiose, a cominciare dalla domenica, e con l’istituzione di nuove festività civiche e politiche.

Gli storici hanno a lungo sostenuto che la violenta fiammata scristianizzatrice rappresentò un incidente, un episodio incongruo e superficiale imposto dall’alto, totalmente staccato dalla mentalità collettiva, completamente estraneo ai gruppi popolari, il delirio momentaneo di una Rivoluzione radicalizzata, opera di un gruppo di rivoluzionari esaltati dalle contingenze del momento. Questa tesi non incontra oggi più molto credito. Le indagini hanno difatti rivelato che la scristianizzazione non fu un movimento imposto dall’alto, dai rappresentanti del governo in missione, ma un fenomeno che sovente si legò ai processi autonomi degli strati popolari: un movimento non solo accettato, ma vissuto in termini schiettamente popolari, con i cortei, i canti carnevaleschi, le mascherate.

Il fenomeno fu particolarmente attivo nelle regioni religiosamente tiepide, perché si inseriva in un processo di laicizzazione di lunga durata, mentre fu effimero e senza reale consistenza per le popolazioni che avevano una tradizione di religiosità popolare e di profondo attaccamento alle pratiche devote.

Tuttavia, osserva Ozouf, qualcosa della politica religiosa rivoluzionaria rimase: non propriamente la perdita del sentimento religioso, ma piuttosto una “declericalizzazione”, una forma di secolarizzazione della Chiesa, accompagnata ad un riflusso delle pratiche religiose che segnò, differenziandole fra i sessi, le abitudini sociali: gli uomini all’osteria, le donne in chiesa. Insomma, l’esperienza rivoluzionaria rivela che siamo di fronte ad una società che si sta laicizzando, dimostrando l’incompatibilità tra i nuovi principi e l’antica religione.

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